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“Danzare insieme alla musica” di Francesca Pedroni

“Danzare insieme alla musica” di Francesca Pedroni

Un’esperienza di stili coreografici, tecniche del movimento, qualità espressive: l’appuntamento annuale al Teatro alla Scala per i giovani allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia è un’emozione che costantemente si rinnova, è l’incontro con il palcoscenico della casa madre e con la possibilità sempre elettrizzante di danzare accompagnati dalla musica dal vivo.

Queste due serate di maggio resteranno però nel cuore di direttori, docenti, assistenti, pianisti e allievi della Scuola del presente e del passato anche per un altro speciale motivo: lo spettacolo è dedicato alla memoria di Loreta Alexandrescu, maestra storica della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala dal 1988, scomparsa in febbraio, una vita spesa con eleganza, raffinatezza, creatività, amore instancabile per l’insegnamento, una messa a fuoco di stile trasmessa anno dopo anno ai suoi allievi. Si era diplomata in danza classica nel 1975 all’Accademia Nazionale di Coreografia di Cluj-Napoca in Romania, per essere nominata nel 1977 prima ballerina al Teatro Rapsodia di Bucarest. L’anno successivo si era trasferita in Italia affiancando alla carriera artistica quella di insegnante di danza classica, storica e di carattere e di maître de ballet. E poi ecco la Scala. Con lei hanno studiato, da giovanissimi, artisti come Roberto Bolle, Massimo Murru, Nicoletta Manni, Jacopo Tissi, con lei si stavano preparando a chiudere quest’anno il loro percorso alla Scuola di Ballo le sue ragazze dell’ottavo corso, che seguiva dal quinto.

«La nostra maestra» ricordano con commozione le allieve diplomande «dava moltissima attenzione alla ricerca del dettaglio per trovare una qualità raffinata, ai gesti più semplici che facevano la differenza, come mettere la testa, come appoggiare una mano, come stilizzare un passo a seconda del ruolo che dovevamo interpretare. Ci ha insegnato come l’espressività non si debba legare solo al volto, come nessuna variazione vada eseguita tecnicamente uguale a un’altra, un lavoro sui particolari, esaltati in base al personaggio. Anche in una semplice lezione, ci spiegava come si potesse raggiungere la consapevolezza tecnica attraverso un lavoro sulla musicalità e l’espressività. La musica per lei era la chiave per la maturità artistica, la via per completare la prestazione tecnica. Mai la dimenticheremo».

A nome di Loreta Alexandrescu e in suo ricordo la direzione dell’Accademia Teatro alla Scala ha intitolato le borse di studio del Dipartimento Danza nell’ambito della campagna di digital fundraising Aiutiamoli a sognare.

Accompagnato dall’Orchestra dell’Accademia diretta da Pietro Mianiti, lo spettacolo si apre con la classica Presentazione, ideata dal maestro e direttore della Scuola di Ballo, Frédéric Olivieri, sul Concerto per due violini e orchestra in re minore di Johann Sebastian Bach. Violini solisti Paloma Martin e Da Won Ghang, allieve dell’Orchestra dell’Accademia. La coreografia attraversa da cima a fondo il percorso di studio scaligero del balletto classico-accademico. Un pezzo che coinvolge tutta la Scuola e che richiede ai giovani allievi la capacità di stare al passo con una dinamica scrittura d’insieme. Con un intreccio frizzante di entrate e di uscite, il balletto mette in luce il progredire delle difficoltà nell’apprendimento della tecnica, in un rapporto consapevole con lo spazio scenico e con i tempi musicali di Bach, compositore tra i più amati e utilizzati dai coreografi del XX e XXI secolo. Alla Presentazione partecipano anche sei giovanissime bambine ucraine che l’Accademia ha accolto dallo scoppio della guerra offrendo loro l’opportunità di frequentare gratuitamente la Scuola di Ballo e fornendo un sostegno concreto alle loro famiglie. Per le piccole, la loro prima volta sul palcoscenico della Scala.

Due le creazioni firmate quest’anno per la Scuola di Ballo: Largo di Matteo Levaggi e Canone Allegro di Valentino Zucchetti. Levaggi è dal 2014 un autore free-lance con alle spalle una lunga attività di coreografo stabile al Balletto Teatro di Torino. Suoi titoli sono stati presentati alla Biennale di Venezia, alla Biennale de la Danse di Lione, al Joyce Theater di New York. Ha lavorato al New York Choreographic Institute su invito di Peter Martins. Il suo lavoro Sexxx è diventato un film, distribuito al cinema per la regia di Davide Ferrario.

© Matteo Levaggi - Largo (Ph. Annachiara Di Stefano)

© Matteo Levaggi – Largo (Ph. Annachiara Di Stefano)

Largo rielabora un passo a due nato nel 2007 per i ballerini Céline Cassone e Bruno Roy del Ballet du Grand Théâtre de Genève su musiche di Šostakóvič. Levaggi lo ha riscritto trasformandolo in un ipnotico trio con allievi dell’ottavo corso, Vincenzo Romano, Lorenzo Lelli e Anna Letizia Joly sulla Suite n. 1 in sol maggiore per violoncello solo di Johann Sebastian Bach eseguita in scena da Sofia Bellettini, ex allieva del Corso per professori d’orchestra. Il linguaggio flirta tra tecnica classica e fluida mobilità di torso, braccia e bacino, punteggiata da espressivi movimenti di polso e di mani e dal brillante contrasto tra solidi equilibri in asse e scivolate in fuori asse. Apre il Prélude con un assolo maschile (Lelli) che dà corpo allo stile prescelto, seguito nella Sarabande da un passo a due dai numerosi lifts e virtuosistici développés in punta (Joly con Romano) che si apre sul finale alla forma del trio. Chiude l’Allemande in cui il gioco a tre conquista sempre di più lo spazio, abbracciando la musica con delicata, seduttiva relazione, evidenziata anche dai costumi essenziali con tulle dello stilista Federico Sangalli. Levaggi: «Mi piace trattare questi danzatori come fossero dei professionisti, lasciandoli liberi di esprimersi affinché possano smuovere qualcosa nel loro corpo e nella loro mente, cosicché il loro impegno non rimanga sul piano prettamente didattico, ma si trasformi in un lavoro artistico».

© Valentino Zucchetti - Canone Allegro (Ph. Annachiara Di Stefano)

© Valentino Zucchetti – Canone Allegro (Ph. Annachiara Di Stefano)

Valentino Zucchetti, first soloist del Royal Ballet di Londra da 2012, ha iniziato a fare coreografia a 16 anni. Ha danzato per alcuni degli autori più interessanti del repertorio del RB, su di lui hanno firmato ruoli artisti come David Dawson, Christopher Wheeldon, Liam Scarlett. Ha creato balletti per la Royal Ballet School, il New English Ballet Theatre, di cui è coreografo associato dal 2013. Sta preparando per il prossimo novembre una creazione con la Compañía Nacional de Danza di Madrid. Per la Scuola di Ballo dell’Accademia, nella quale iniziò la sua formazione prima di trasferirsi a Londra, Zucchetti firma Canone allegro sul primo movimento, Allegro molto appassionato, del Concerto in mi minore per violino e orchestra, op. 64 di Felix Mendelssohn-Bartholdy, ruolo solista al violinista Giovanni Andrea Zanon. Canone allegro coinvolge quattordici ballerini della Scuola, undici maschi e tre femmine, tra il 6° e l’8° corso. La creazione si diverte a spronare i giovani danzatori tra frasi coreografiche che si rincorrono a canone per poi ritrovarsi in chiusure all’unisono, pose in controluce, la briosa contrapposizione tra la scrittura al femminile – Anna Zingoni (8° corso), Giulia Consumi e Camilla Raina (7°) – e quella dei maschi. Zucchetti: «In Canone Allegro ho voluto dare agli allievi l’opportunità di dar voce alla loro formazione classico-accademica danzando dentro la musica e la sua melodia. Quando ho iniziato a fare coreografia, ero piuttosto sorpreso della mancanza, nella mia generazione, di coreografi classici. Io adoro la danza contemporanea di qualità, ma penso ci sia necessità di portare avanti anche il discorso classico, con speranza. Avere avuto la fortuna di lavorare al Royal Ballet con personalità come Wheeldon, Scarlett, Ratmansky e vedere la potenzialità che il balletto classico può ancora avere, mi ha incoraggiato ad andare avanti. Mi sento in minoranza, ma non mi importa. Credo che il classico si possa ancora evolvere».

Lo spettacolo si chiude con uno dei fiori all’occhiello del repertorio della Scuola di Ballo: Serenade di George Balanchine, un titolo culto dello stile neoclassico del maestro di origine georgiana, andatosene da San Pietroburgo nel 1924, coinvolto in Europa dai Balletti Russi di Diaghilev, trasferitosi a New York nel 1933. Approdato la prima volta alla Scuola nel 2008 e ripreso per il bicentenario dell’istituzione nel 2013, Serenade, oggi come nelle precedenti edizioni, ha visto lavorare con gli allievi Patricia Neary, danzatrice cresciuta con lo stesso Balanchine al New York City Ballet, artista che rimonta in tutto il mondo i balletti del maestro per il Balanchine Trust, come ha fatto anche in questa stagione per Rubies da Jewels danzato dal Corpo di Ballo della Scala.

Serenade, coreografia George Balanchine © The George Balanchine Trust (Ph. Annachiara Di Stefano)

Serenade, coreografia George Balanchine © The George Balanchine Trust (Ph. Annachiara Di Stefano)

Serenade è il primo pezzo che Balanchine coreografa negli Stati Uniti. Lo firma per i suoi giovani allievi americani, gli studenti della School of American Ballet. Debutta nel 1934. La musica è la Serenata per archi op. 48 in do maggiore di Čajkovskij, compositore amatissimo da Balanchine fin da quando, bambino e nelle vesti di un piccolo Cupido, partecipa al teatro Mariinskij di San Pietroburgo a La Bella addormentata. Balanchine sfrutta ciò che succede nella giovane scuola americana: la prima sera a lezione ci sono diciassette ragazze e nessun maschio, Balanchine le mette in diagonale e trova il famoso primo movimento del polso che apre il balletto. La classe successiva è di nove ragazze, la terza di sei. Poi arrivano i ragazzi. Numeri sui quali il balletto si compone. Un giorno un’allieva arriva in ritardo: la sua entrata affrettata è rimasta nel balletto, un altro giorno una studentessa è caduta e il piccolo incidente si è trasformato in coreografia.

Torniamo a Čajkovskij. Fine studioso di musica, complici gli studi al Conservatorio di San Pietroburgo, Balanchine coreografa Serenade invertendo nel balletto il terzo e il quarto movimento: un colpo di genio. Si danza nell’ordine seguente: primo movimento, Pezzo in forma di Sonatina, Andante non troppo, Allegro moderato; secondo movimento Walzer (solisti Matilde Pupita e Andrea Tozza dell’8°); quarto movimento, Tema Russo, Andante, Allegro con spirito (solista Asia Matteazzi dell’8°); terzo movimento, Elegia (solisti Rebecca Luca del 7° e Lorenzo Lelli dell’8°). Un’inversione che dà al balletto una chiusura venata di tristezza, una processione in diagonale verso il fondo della scena con una delle protagoniste sorretta da tre uomini, le braccia aperte in fuga indietro, il corpo leggermente piegato ad arco. Una parte, l’Elegia, nella quale si può cogliere un vago rimando a Orfeo e Euridice nell’entrata del danzatore a occhi chiusi, guidato da una ballerina che gli sta alle spalle, mentre con le mani gli copre lo sguardo: una sensazione di amore e morte che conduce nella profondità della musica di Čajkovskij.

Balanchine:

«Per un coreografo fare un balletto è mostrare come capisce un pezzo di musica, non con le parole, non in una forma narrativa (a meno che non abbia in mente una storia particolare), ma nella danza (…) Per Serenade molti pensano che ci sia una storia nascosta nel balletto. Non c’è. Sono semplicemente danzatori in movimento su un bel pezzo di musica. L’unica storia che c’è è la storia che esiste nella musica, una serenata, una danza, se si vuole, al chiaro di luna*».

* G. Balanchine and F. Mason, Balanchine’s Complete Stories of the Great Ballets, Doubleday & Company, 1977, New York, p. 532.

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