DIAFANIE 2024 inaugura con gli artisti ospiti a Gennaio: Omar Rajeh, Carlo Massari e Fabrizio Favale.
DIAFANIE appunti sul corpo
Diafanie è un atlante di riflessioni legate alla corporeità che Orbita vuole costruire insieme a coloro che ne attraversano la scena. Una serie di appunti, senza pretesa di organicità e compiutezza, che tentano di esplodere e complicare i discorsi che precipitano sui corpi. Quest’anno il termine guida delle riflessioni è VERTIGINE, titolo della stagione danza 2024 curata da Valentina Marini. La parola deriva dal verbo latino verto, cioè girare, nell’accezione comune è quell’illusoria sensazione di movimento del proprio corpo o dello spazio intorno a sé. Nella nostra idea VERTIGINE è un sussulto che stravolge per attrazione e timore insieme. L’adrenalina del rischio seguita da un rimbalzo di sollievo dato dal potersi aggrappare a qualcosa o qualcuno. VERTIGINE è lo spaesamento di fronte a un presente sempre più sospeso nel vuoto, cui cerchiamo di rispondere tenendoci per mano, in bilico tra responsabilità e trasporto radicale.
OMAR RAJEH/Maqamat (LB)
ospitato il 12 Gennaio al Teatro Palladium con Dance is not for us
Una vertigine credo sia esattamente quello che sento da quattro anni a questa parte. Il mondo sembra essersi imbarcato in un viaggio folle. Non lo dico in senso negativo, mi piacciono i cambiamenti, ma sembra che questo vortice non sia in procinto di fermarsi. Cerco di mantenere il cuore e la mente aperti senza cadere nella paura e nell’insicurezza. La danza e la cultura sono la nostra pratica quotidiana per andare avanti e non perdere la speranza di un mondo pacifico e giusto. Danzare per me è una questione di libertà, di decidere per se stessi e rispettare l’esistenza di altre prospettive di vita, senza arrivare alla supremazia, alla crudeltà e alla violenza.
CARLO MASSARI
ospitato con un focus al Teatro Biblioteca Quarticciolo.
20 Gennaio Anna Cappelli – 21 Gennaio METAMORPHOSIS Trilogia
VERTIGINE è per sua etimologia una “distorsione della percezione sensoriale dell’individuo”. Quale parola può descrivere meglio il presente? In una costante alterazione, scombussolati dagli eventi, dai mutevoli assetti politici, sociali, ambientali, ci ritroviamo incapaci di leggere la realtà e non sappiamo quali strumenti utilizzare per affrontarla. Come “bestioline”, ci sporgiamo per guardare oltre il recinto, veniamo avvolti da un vortice invisibile che ci mostra il nostro personale abisso e comincia una danza sospesa tra il rischio e la fascinazione per l’ignoto: una “vertigine”, una “voragine”. Trovo che alla parola VERTIGINE appartenga un’estrema fisicità: possiamo fisicamente provarla, rappresentarla, esserne portatori. È uno stato che coinvolge simultaneamente mente e corpo nella sua interezza, portandoci a una differente lettura del tangibile.
Sento una forte corrispondenza tra il termine “vertigine” e la mia attuale ricerca sulla Metamorfosi, penso siano parte della stessa matrice legata alla trasformazione interiore. La vertigine è un turbine che agita la percezione, mentre la metamorfosi è il processo di mutamento profondo, entrambi rappresentano un viaggio nella dimensione della trasformazione personale e sociale. Il Teatro è “vertigine”. Credo che questa espressione sia fortemente in relazione con il ruolo dell’Artista, generatore per sua natura di vertigini per sé e per il pubblico. Ritengo che occorra in primis una personale “vertigine” all’interno del processo creativo, seguita dalla precisa costruzione di una solida “vertigine” narrativa nella quale immergere lo spettatore.
FABRIZIO FAVALE
ospitato il 21 Gennaio al Teatro Biblioteca Quarticciolo con Danze Americane
Il termine VERTIGINE mi rimanda a quella specie di simulazione che facciamo nella mente di una possibile imminente caduta, quella sensazione di incertezza tra il voler cadere oppure no.
In Danze Americane il mio corpo trattiene naturalmente gli aspetti più astratti delle pratiche, ossia le tecniche, per ottenere un tipo di movimento piuttosto che un altro, al di là delle possibili intenzioni o finalità originarie dei coreografi cui mi riferisco. Ed è all’interno di questo orizzonte che cerco gli snodi che mi consentono di smontare e rimontare qualcosa in modo sempre diverso, o utilizzare qualcos’altro come trampolino di lancio per la ricerca di un’ulteriorità, nuove combinazioni, nuovi movimenti, anche se i risultati si dovessero allontanare molto dalle tecniche originali. Anzi mi piace pensare che se alcuni artisti del passato hanno seminato tecniche della danza in tutto il mondo, quella semina generi lo stesso frutto all’infinito, ma anche qualcosa del tutto inaspettato, alieno.